Ci sono film che non sono solo racconti, ma veri e propri atti di necessità, pellicole che esigono di esistere in un preciso momento storico-culturale. La domanda sorge spontanea: perché mai un biopic sulla Nouvelle Vague francese degli anni Sessanta dovrebbe risuonare con tale urgenza nel 2025? La risposta ce la dà un prodigio registico che porta il nome di Richard Linklater.
Con “Nouvelle Vague”, il regista texano non firma una semplice ricostruzione storica, ma un prodigio registico che ci catapulta nel dietro le quinte di Fino all’ultimo respiro, il film manifesto di quella corrente e lo fa seguendo le giornate di set attraverso gli occhi del regista Jean-Luc Godard, magistralmente interpretato da Guillaume Marbeck.
Il nostro regista, già fondatore dei Cahiers du cinéma, è in ritardo sulla tabella di marcia rispetto ai colleghi, tutti già al loro lungometraggio d’esordio. il suo temperamento non aiuta: è un personaggio esuberante, anarchico, fuori dagli schemi, l’incubo di qualunque produttore.
Ma quindi perchè questo film è “urgente”? Perchè nella figura di Godard risiede la più pura libertà artistica, quell’istinto umano di prendere le regole e sovvertirle per il fine ultimo del progresso. In un contesto parigino frivolo di personalità artistiche influenti (da Truffaut a Chabrot, da Coutard al maestro Rossellini), Godard rivoluziona il genere, scrivendo un importante capitolo nella storia del cinema.
Questo soggetto, nelle sapienti mani di Linklater, si trasforma in una lucidissima critica al sistema cinematografico odierno, in cui la componente artistica del cinema viene sempre più affogata in un sistema produttivo volto al solo incasso. Il tutto eseguito con una leggerezza formale che riesce a rendere un film sulla carta indirizzato alla sola nicchia cinefila, una brillante commedia di una disarmante scorrevolezza che si rivolge a tutti i tipo di publico.
Il motore del film risiede chiaramente nella scrittura sopraffina della figura di Godard: un regista esaltato con la citazione sempre pronta, un “re del set” in senso letterale, che scandisce i tempi filmici in base alla sua ispirazione e che trova sempre la giusta soluzione registica per sopperire alla mancanza di budget di produzione.
Un personaggio eclettico dal sarcasmo tagliente, affiancato da due comprimari altrettanto peculiari, i due attori Jean-Paul Belmondo e Jean Seberg, rispettivamente interpretati da Aubry Dullin e Zoey Deutch, che riescono perfettamente nella resa della chimica scenica della coppia originale. Tra disinvolta nostalgia e acuta ironia, Nouvelle Vague si ritaglia un meritatissimo posto tra i titoli migliori di quest’anno.







