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The Ugly Stepsister – Emilie Blichfeldt

La rivisitazione moderna in chiave orrorifica delle fiabe che ci hanno accompagnato lungo il corso della nostra infanzia pare essere diventata, nell’arco degli ultimi anni, una declinazione largamente inflazionata per quel che concerne il cinema di genere; ed è così che dopo i vari “Winnie The Pooh Sangue E Miele” (peraltro bruttissimi) “Bambi – The Reckoning” e “Gretel E Hansel” esce al cinema quest’anno, direttamente dai territori scandinavi, “The Ugly Stepsister”, la riproposizione di Cenerentola vista però dalla prospettiva di una delle due sorellastre cattive.
Ci troviamo a Swedlandia, dove facciamo la conoscenza di Elvira, una giovane fanciulla che ha da poco raggiunto la maggiore età, intenta a sognare ad occhi aperti Julian, il principe del reame di cui è follemente innamorata, mentre assieme alla madre despota Rebekka e a sua sorella minore Alma, sta raggiungendo la magione del vecchio nobile Otto e della bellissima figlia Agnes.


Le tre donne, ridotte sul lastrico, giungono li infatti per consumare il matrimonio di Rebekka che ha acconsentito di sposare un uomo più vecchio e ricco di lei al fine di risanare le proprie finanze; ben presto però, in seguito all’improvvisa morte di Otto, la situazione precipita drasticamente con una Agnes in lutto e furibonda che confessa alla dolce Elvira che il padre ha acconsentito a sposare una donna di rango inferiore a lui come Rebekka solamente per motivi economici, essendo anch’esso afflitto da ingenti problematiche finanziarie.
La mattina seguente, un messo reale annuncia che entro quattro mesi si terrà un ballo di corte a cui dovranno partecipare tutte le nobildonne in età da marito e spinte dall’entusiasmo le due giovani ragazze (Elvira e Agnes) si registrano per ricevere l’invito preparandosi al lieto evento che si tramuterà però per Elvira, in un vero e proprio calvario, con la madre Rebekka che per ovviare alle lacune fisiche della figlia, deciderà di sottoporla a costose e dolorose operazioni di chirurgia estetica per poterla rendere appetibile agli occhi degli uomini di corte.
Ed è così che “The Ugly Stepsister”, diretto da Emilie Kristine Bilchfeldt al suo esordio cinematografico dietro la machcina da presa, assume le fattezze di una fiaba gotica che utilizza l’escamotage del body horror per riflettere sulla condizione della donna inserita all’interno della modernità.
Elvira è una fanciulla debole e introversa, che ben presto si ritrova coinvolta in una situazione più grande di lei, fagocitata costantemente dal peso opprimente delle ambizioni della madre, figura tirannica disposta a riflettere sulla figlia tutto quel senso di frustrazione e rabbia latente che l’hanno resa la donna insolvente e decotta che è diventata oggi.


L’ossessione per la propria immagine e la dedizione totale all’arrivismo, diventano subito oggetto di discussione del film, con un Elvira disposta a tutto pur di raggiungere quello status estetico di cui gode al contrario suo la bellissima Agnes, la nostra Cenerentola non dichiarata, che a differenza della sorellastra si bea invece dell’ammirazione degli altri occupando un ruolo di rilievo in una gerarchia sociale che stabilisce i canoni di bellezza accettabili o meno.
Aghi che affondano nella carne, ossa frantumate e amputazione degli arti, rappresentano non soltanto una parentesi perfettamente riuscita all’interno delle dinamiche narrative del genere di riferimento, ma assumono una valenza più profonda e radicata; vere e proprie decisioni sociali, autoimposte e innestate da quelle stesse figure (in questo caso i personaggi femminili) che da vittime si trasformano implicitamente negli stessi carnefici, divenendo le prime complici di un sistema fallocentrico e maschilista.
La pellicola si dimostra estremamente abile non soltanto nella sua progressione grammaticale, ma nel riuscire a delineare un filo conduttore che lega in maniera profondamente inossidabile due periodi storici collocati agli antipodi.


La storia infatti è collocata presumibilmente attorno al periodo ottocentesco, ma nonostante tutto riesce ad aprire una crepa sulla società attuale, ponendo la lente d’ingrandimento su questioni sempre più inclini alla nostra realtà di riferimento, che partono dall’ossessione nei confronti della propria immagine, arrivando ad innescare riflessioni sul senso d’identità, l’ansia di appartenenza e il culto dell’immagine.
Il corpo viene posto al centro della narrazione e rappresenta in modo estremamente brutale (come nei migliori body horror del resto) l’espressione fisica e carnale di un ossessione interiore, il risultato pratico, materiale e tangibile viziato dalle pulsioni più recondite e arcane e che conduce inevitabilmente ad una condizione umana corrotta e irreversibile.


“The Ugly Stepsister” è una danza macabra, una sgarbata ma al tempo stesso elegante disamina sull’essere umano, un opera attuale e moderna che apre l’occhio sul contemporaneo, in quello che possiamo definire – cinematograficamente parlando – il figlio illegittimo, partorito dall’unione lussuriosa tra “The Substance” e “The Neon Demon”.

Che momento fantastico per il body horror moderno.

La rivisitazione moderna in chiave orrorifica delle fiabe che ci hanno accompagnato lungo il corso della nostra infanzia pare essere diventata, nell’arco degli ultimi anni, una declinazione largamente inflazionata per quel che concerne il cinema di genere; ed è così che dopo i vari “Winnie The Pooh Sangue E Miele” (peraltro bruttissimi) “Bambi – The Reckoning” e “Gretel E Hansel” esce al cinema quest’anno, direttamente dai territori scandinavi, “The Ugly Stepsister”, la riproposizione di Cenerentola vista però dalla prospettiva di una delle due sorellastre cattive.
Ci troviamo a Swedlandia, dove facciamo la conoscenza di Elvira, una giovane fanciulla che ha da poco raggiunto la maggiore età, intenta a sognare ad occhi aperti Julian, il principe del reame di cui è follemente innamorata, mentre assieme alla madre despota Rebekka e a sua sorella minore Alma, sta raggiungendo la magione del vecchio nobile Otto e della bellissima figlia Agnes.


Le tre donne, ridotte sul lastrico, giungono li infatti per consumare il matrimonio di Rebekka che ha acconsentito di sposare un uomo più vecchio e ricco di lei al fine di risanare le proprie finanze; ben presto però, in seguito all’improvvisa morte di Otto, la situazione precipita drasticamente con una Agnes in lutto e furibonda che confessa alla dolce Elvira che il padre ha acconsentito a sposare una donna di rango inferiore a lui come Rebekka solamente per motivi economici, essendo anch’esso afflitto da ingenti problematiche finanziarie.
La mattina seguente, un messo reale annuncia che entro quattro mesi si terrà un ballo di corte a cui dovranno partecipare tutte le nobildonne in età da marito e spinte dall’entusiasmo le due giovani ragazze (Elvira e Agnes) si registrano per ricevere l’invito preparandosi al lieto evento che si tramuterà però per Elvira, in un vero e proprio calvario, con la madre Rebekka che per ovviare alle lacune fisiche della figlia, deciderà di sottoporla a costose e dolorose operazioni di chirurgia estetica per poterla rendere appetibile agli occhi degli uomini di corte.
Ed è così che “The Ugly Stepsister”, diretto da Emilie Kristine Bilchfeldt al suo esordio cinematografico dietro la machcina da presa, assume le fattezze di una fiaba gotica che utilizza l’escamotage del body horror per riflettere sulla condizione della donna inserita all’interno della modernità.
Elvira è una fanciulla debole e introversa, che ben presto si ritrova coinvolta in una situazione più grande di lei, fagocitata costantemente dal peso opprimente delle ambizioni della madre, figura tirannica disposta a riflettere sulla figlia tutto quel senso di frustrazione e rabbia latente che l’hanno resa la donna insolvente e decotta che è diventata oggi.


L’ossessione per la propria immagine e la dedizione totale all’arrivismo, diventano subito oggetto di discussione del film, con un Elvira disposta a tutto pur di raggiungere quello status estetico di cui gode al contrario suo la bellissima Agnes, la nostra Cenerentola non dichiarata, che a differenza della sorellastra si bea invece dell’ammirazione degli altri occupando un ruolo di rilievo in una gerarchia sociale che stabilisce i canoni di bellezza accettabili o meno.
Aghi che affondano nella carne, ossa frantumate e amputazione degli arti, rappresentano non soltanto una parentesi perfettamente riuscita all’interno delle dinamiche narrative del genere di riferimento, ma assumono una valenza più profonda e radicata; vere e proprie decisioni sociali, autoimposte e innestate da quelle stesse figure (in questo caso i personaggi femminili) che da vittime si trasformano implicitamente negli stessi carnefici, divenendo le prime complici di un sistema fallocentrico e maschilista.
La pellicola si dimostra estremamente abile non soltanto nella sua progressione grammaticale, ma nel riuscire a delineare un filo conduttore che lega in maniera profondamente inossidabile due periodi storici collocati agli antipodi.


La storia infatti è collocata presumibilmente attorno al periodo ottocentesco, ma nonostante tutto riesce ad aprire una crepa sulla società attuale, ponendo la lente d’ingrandimento su questioni sempre più inclini alla nostra realtà di riferimento, che partono dall’ossessione nei confronti della propria immagine, arrivando ad innescare riflessioni sul senso d’identità, l’ansia di appartenenza e il culto dell’immagine.
Il corpo viene posto al centro della narrazione e rappresenta in modo estremamente brutale (come nei migliori body horror del resto) l’espressione fisica e carnale di un ossessione interiore, il risultato pratico, materiale e tangibile viziato dalle pulsioni più recondite e arcane e che conduce inevitabilmente ad una condizione umana corrotta e irreversibile.


“The Ugly Stepsister” è una danza macabra, una sgarbata ma al tempo stesso elegante disamina sull’essere umano, un opera attuale e moderna che apre l’occhio sul contemporaneo, in quello che possiamo definire – cinematograficamente parlando – il figlio illegittimo, partorito dall’unione lussuriosa tra “The Substance” e “The Neon Demon”.

Che momento fantastico per il body horror moderno.


Classe 1996 (esattamente come Scream) cresciuto col trauma per la morte di Mufasa, la profonda ammirazione verso i gangster scorsesiani e l’amore viscerale nei confronti delle femme fatale di hitchcockiana memoria. Amante della settima arte in ogni sua singola declinazione, dalle pietre miliari del cinema classico alle produzioni di largo consumo. Ricorderemo il mondo attraverso il cinema, diceva Bertolucci… come dargli torto, in fin dei conti?

Classe 1996 (esattamente come Scream) cresciuto col trauma per la morte di Mufasa, la profonda ammirazione verso i gangster scorsesiani e l’amore viscerale nei confronti delle femme fatale di hitchcockiana memoria. Amante della settima arte in ogni sua singola declinazione, dalle pietre miliari del cinema classico alle produzioni di largo consumo. Ricorderemo il mondo attraverso il cinema, diceva Bertolucci… come dargli torto, in fin dei conti?


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