Il miglior lavoro di Luca Guadagnino.
È ormai appurato il fatto che il cineasta italiano, dopo il terribile esordio con "Melissa P" abbia via via consolidato uno stile specifico che riesce a portare avanti e migliorare di pellicola in pellicola, identificandosi all'interno di un circuito autoriale con un impronta registico-narrativa in grado di rendersi sempre e comunque riconoscibile e accattivante nell'ottica del pubblico di riferimento.
All'interno del suo ultimo lavoro ci vengono raccontate quelle che sono le dinamiche di un vero e proprio triangolo amoroso attraverso un tono erotico marcato che sfocia a tratti nel thriller, rimbalzando lo spettatore in un gioco temporale, sostenuto da un montaggio a dir poco certosino, che si muove tra passato, presente e futuro e che sta a lui ricostruire, in quella che è una narrazione fluida, ritmata, intrisa di dettagli e trovate registiche che seguono le dinamiche interpersonali tra i protagonisti quasi a simulare a traiettoria stessa di una pallina da tennis durante un incontro di gioco.
Le emozioni, le scelte e le psicologie dei personaggi sono il punto focale attorno al quale gravita la sceneggiatura, scritta in punta di penna e propedeutica nel presentare un gioco sentimentale perverso che si riflette tanto nel contesto agonistico quanto nella vita reale e proprio come nel tennis, sta a chi colpisce sancire il ritmo del gioco, qui tenuto in mano da una Zendaya alla sua prova attoriale più convincente (e menomale che non sapeva recitare) che muove come pedine i due interessi amorosi, assoggettati da una figura femminile dominante abile nel riversare su di loro i propri conflitti interiori e il proprio egocentrismo.
La regia in questo caso fa il suo sporco dovere, mostrandoci l'attrice sempre al centro dell'inquadratura, sia sugli spalti durante i match che in contesti più intimi e distesi.
Non esiste chiarezza nel "Challengers" di Guadagnino; tutti i caratteri che ci vengono presentati orbitano attorno ad un circuito psicologico in perenne cambiamento all'interno del quale anche un amicizia radicata fin dai tempi dell'infanzia viene messa a repentaglio in virtù di un punto di arrivo che forse nessuno dei due personaggi maschili riuscirà mai a raggiungere in maniera appagante, seguendo un registro narrativo che si interroga altresi sul modo di amare, un modo di amare che riflette costantemente su ciò che realmente sia sensato all'interno di un rapporto sentimentale vissuto in modo irrazionale e sottrato a qualsiasi tipo di regola socialmente imposta.
Una strada di perdizione in cui l'ambizione, le convinzioni e le ombre imperanti di un riconoscimento sportivo incombono in modo costante, sublimandosi inevitabilmente in un fine ultimo che potrebbe portare ad un affermazione definitiva o ad una riscoperta impronosticabile.
Chi ha mai detto che una sfida all'ultimo sangue non possa viaggiare in binomio con un armonia agonistica in grado di regalare del "fottuto buon tennis"?
Una danza erotica meravigliosa che vi cullerà in una delle visioni più adrenaliniche che si siano viste quest'anno e che avremmo potuto vedere molto prima già a Venezia lo scorso anno, dove il film avrebbe dovuto aprire le danze del festival, in quello che sarebbe potuto diventare uno scenario produttivo all'interno del quale l'ultima fatica di Guadagnino sarebbe potuta uscire con largo anticipo e chissà, sparigliare le carte in previsione degli Oscar 2024...
Questo è davvero del bel cinema, speriamo che la gente se ne accorga.
Jackie Soprano
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