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Drive Away Dolls - Ethan Coen


 


 

Ethan Coen torna sul grande schermo, questa volta però senza il supporto registico del fratello. "Drive Away Dolls" è un road movie comico senza mordente, su tematiche che potevano essere fresche e figlie del nostro tempo ma che si autodistruggono sotto una scrittura troppo poco impegnata e fossilizzata su una comicità vecchia e poco interessante, se non fosse per alcuni dei momenti più "coeniani" del post 2010.


Primo capitolo di una trilogia dal titolo "Lesbian B-movie trilogy", "Drive Away Dolls" si presenta come un thriller road movie dal cuore coeniano, tuttavia afflitto da numerose problematiche di scrittura, soprattutto riguardo al nostro duo di protagoniste. Jamie e Marian risultano eccessivamente stereotipate, incarnando archetipi di un cinema datato e privo di freschezza, tanto che durante gli 87 minuti di pellicola raramente le due riescono a strappare una risata agli spettatori.

Ciò che rende "Drive Away Dolls" più una delusione che un flop è il fatto che sprazzi di grande comicità sono invece presenti: tutti i personaggi secondari incarnano perfettamente lo stile coeniano, rappresentando dinamiche relazionali ben definite nel panorama cinematografico americano (e anche nella filmografia del regista, come Curlie il commesso del noleggio e i due scagnozzi). Approfittando dei preconcetti legati a questi personaggi, il regista sviluppa scambi di battute geniali che han fanno ridere l'intera sala.


Se dal punto di vista narrativo "Drive Away Dolls" riesce a cavarsela grazie ai personaggi secondari, dal punto di vista registico le cose sono diverse: molti dettagli lasciano a desiderare. Va chiarito subito che questo film potrebbe piacere da un punto di vista tecnico, soprattutto per scelte di montaggio che potrebbero essere definite alquanto atipiche (se non audaci, ma ciò rimane una questione di gusto personale). Tuttavia, il susseguirsi delle innumerevoli situazioni surreali non trova mai un differenziazione nella mano del regista, e quindi la già noiosa sceneggiatura non trova alcuna salvezza qui.

In aggiunta, si riscontrano numerosi difetti di raccordo, particolarmente gravi considerando l'esperienza quarantennale del regista nell'industria cinematografica. Un esempio eclatante è rappresentato dalla scena al tavolo con lo spumante, dove il cameriere sembra versare ripetutamente l'alcol nello stesso bicchiere, forse giustificabile dal contesto dei dialoghi espliciti sul sesso e dall'intento di generare una risata attraverso la distrazione del cameriere. Tuttavia, questo errore di continuità è tanto palese da compromettere la qualità del prodotto.

Inoltre, sono presenti transizioni estremamente rudimentali, forse inserite per conferire al film un'atmosfera più tipica dei B-movie. Il sonoro contribuisce con effetti stilizzati "cartoon" che accentuano ulteriormente l'elemento demenziale, forse in modo eccessivo.

Ciononostante, vi sono momenti di grande impatto visivo, che richiamano alla mente il cinema dei fratelli Coen, come la scena d'apertura dove un Pedro Pascal spaventato è tormentato da un barista pazzo che lo uccide e decapita, dando avvio alla narrazione. Degne di nota sono anche le sequenze psichedeliche in stile videoclip degli anni '70, inserite per rompere la monotonia della trama e distinguere i vari capitoli.


Difficile quindi dire cosa sia successo a Ethan Coen, finito in un vortice completamente diverso rispetto al fratello, rinato grazie al suo magnifico "Machbet"; lo sceneggiatore sembra perso, dopo un documentario musicale sciapo e un prodotto che non soddisfa i fan è pronto per un altro prodotto, "Honey Don't", secondo capitolo della trilogia citata in precedenza. Sarà quindi questo secondo capitolo a confermare (o ribaltare) ciò che ne è uscito da "Drive Away Dolls", ma nel mentre questo film non può essere promosso a pieni voti.


Tommaso Malguzzi

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