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Francesco ci parla di: 8½ di Federico Fellini


 


La grandezza di 8 e mezzo sta nella sincerità del suo autore, la capacità di mettersi a nudo, di parlare di sé senza mai essere autoreferenziale, ma facendoci identificare nel nostro piccolo con le insicurezze, le paure e le nevrosi, dall'uomo comune fino all'artista.

Fellini con il suo altr'ego Guido Anselmi si tuffa nella propria psiche, mettendo in pericolo la sua stessa vita privata (come accade nella scena dei provini), portando in scena Sandra Milo, la sua vera amante; la sua è un autoanalisi dove non si limita a ridicolizzarsi ma con astuzia e sincerità si autoassolve.

Egli universalizza i pensieri del "maschio", arraffone, infedele ma soprattutto infantile: il suo harem è prima di tutto una rappresentazione della casa materna, non a caso il flashback di lui bimbo si chiude con il fuoco casalingo e la scena dell'harem si apre con lo stesso.

La casa del piacere è abitata da ogni sorta di donna, dalla più intima alla sconosciuta, dalla cognata fino alla donna misteriosa che si aggira per l'albergo, di cui non sa neanche il nome. In questa scena non vi è però un putiferio sessuale, bensì egli è il bambino coccolato dalle stesse ancelle della sua infanzia e anzi il suo Io sembra autosabotarsi quando inizia l'insurrezione, placata poi in modo sempre bambinesco da un Guido precursore di Indiana Jones. Il maschio quindi infedele ma che ama la sua donna, incapace di porre un freno alla propria sessualità che si confonde con un marcato complesso di Edipo. Tutto ciò non è frenato neanche dall'austera educazione clericale, anzi è alimentata da questa in quanto ribellione alla stessa ed è splendido come Fellini in qualche modo abbia sempre aggirato la Chiesa nonostante la prendesse fondamentalmente in giro (anche se con la Dolce Vita rischiò la scomunica).

Guido Anselmi si spara, ma ovviamente non c'è nulla di reale nella sua azione, che ha però comunque una conseguenza: egli si libera dei panni di Guido Anselmi, accettando la confusione come parte di sé e, divenendo Fellini stesso, inizia a dirigere con il grosso megafono la sua vita e i personaggi che la contornano.

Ancora una volta lo fa aggrappandosi all'infanzia, mobilitato dal vecchio compagno con la bacchetta magica e da veri propri clown che guidano i vari personaggi a ritmo di musica circense. L'infanzia è sinonimo di purezza, che lo porta a esprimere con tutto il candore i suoi sentimenti più reconditi e infatti proprio con la sincerità che riconquista sua moglie (La felicità consiste nel poter dire la verità senza far mai soffrire nessuno).


Francesco Pio Bruno

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