"La vetta degli Dei”, diretto e scritto dal francese Patrick Imbert, è un film commovente e mozzafiato capace di farci provare sincere emozioni lungo tutta la sua durata.
Il film d’animazione è tratto dal complicato manga di Jiro Taniguchi, composto da 5 volumi e 47 capitoli: una storia di ossessione e perseveranza che nei primi del duemila ha stregato il Giappone ma che pian piano è precipitata nel dimenticatoio. Imbert ha scelto di raccontare questa storia in 94 minuti riuscendo a restituirne con grande padronanza la bellezza visiva e narrativa.
Il film racconta l’ossessione del fotoreporter Fukamachi per il mistero relativo alla prima spedizione sull'Everest, che lo porterà sulle tracce di uno stimato alpinista ormai disperso. Nella prima metà del film il tempo della narrazione è estremamente dilatato, i personaggi vengono introdotti e per essere successivamente approfonditi con lo scorrere degli eventi. Fukamachi è la nostra guida, il nostro sherpa, che ci accompagna in questa storia utilizzando immagini di repertorio per raccontare la sua missione. Vivendo una vita molto ripetitiva si lega particolarmente a questo viaggio, vedendolo come via di fuga dalla sua monotonia. Altro personaggio fondamentale è il ragazzino Habu, il cui sogno invece è raggiungere la “Vetta degli Dei”. Le loro vite si intrecceranno in questo connubio tra sogni ed ossessioni.
Notevole è sicuramente il comparto tecnico: grazie ad un misto tra animazione classica e animazione in 3D il film gode di uno stile fluido ma realistico; nota di merito va al sonoro dove Imbert, con un passato da fonico, ha dato molta importanza ai dettagli sonori ed ai suoni ambientali, giocando sulla rarefazione e sui volumi.
Consiglio la visione su uno schermo abbastanza grande, per una miglior resa di ambienti e sfondi, ma grazie alla scrittura eccelsa il film riuscirebbe ad essere apprezzato anche sullo schermo di un cellulare.
"La vetta degli dei" è sicuramente uno dei migliori prodotti d'animazione usciti negli ultimi anni, purtroppo vittima di una produzione cinematografica compulsiva e consumista che non gli ha permesso di arrivare dove avrebbe meritato.
Tommaso Malguzzi
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