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After The Hunt – Luca Guadagnino

Presentato fuori concorso all’82esima mostra internazionale del cinema di Venezia, After The Hunt è l’ultima fatica del regista italiano Luca Guadagnino. Alma, professoressa di filosofia, (interpretata da una formidabile Julia Roberts) si trova all’interno di una situazione piuttosto ostile e scomoda: Maggie Price, amica e studentessa di Alma, sceglie di denunciare Hank Ginbson, anch’egli amico e collega della protagonista, per delle molestie accadute dopo un festa tenutasi proprio a casa di Alma.
Ognuno cerca di esporre la propria versione dei fatti, proteggendo la propria integralità e personalità, e coinvolgendo lo spettatore a prendere attiva nella comprensione dei vari punti di vista.
Chi avrà ragione? Come sono andate effettivamente le cose?
Una sceneggiatura ferrea e una magistrale caratterizzazione dei personaggi creano domande apparentemente senza risposta: si ha come la percezione che tutti dicano la verità ma che allo stesso tempo mentano o cerchino di nascondere qualcosa.
L’intreccio della storia è costruito in maniera impeccabile e tutti i profili dei personaggi sono regolati in maniera perfetta. Infatti, non si ha mai la percezione che qualcosa sia fuori posto o messa lì per caso; tutto ha un senso che, man mano che la storia prosegue, diventa più chiaro. O, almeno in parte, è così.
Guadagnino si focalizza sui dettagli, mostrando ciò che vuole, senza mai essere didascalico, senza mai “imboccare” lo spettatore. Quello che, a prima vista, può sembrare solo un frame bello esteticamente, nasconde spesso diverse sfaccettature, di cui non sempre si riesce a coglierne appieno il significato. Il lavoro di Alma, ovvero l’insegnamento della filosofia, non è un semplice dettaglio che caratterizza il personaggio, ma una linea costante e fondamentale di tutto il film: le discussioni che riguardano la materia, infatti, sono molte e ben congegnate, si cerca di seguire con attenzione ciò che i personaggi vogliono esprimere, a volte risultando chiari e concisi, altre volte più metaforici e ampollosi. I tre attori principali (Julia Roberts, Ayo Edebiri e Andrew Garfield) sono assolutamente dentro alla parte, regalando delle perfomance notevoli, specialmente quando interagiscono fra loro.
Altro punto fondamentale è la maestosa regia del regista italiano: pulita, elegante, profonda, sa benissimo dove soffermarsi e come, creando dei movimenti di macchina e delle inquadrature precise e perfette per l’intera durata della pellicola. Sembra come un’evoluzione della cifra stilistica precedentemente mostrata in Queer (presentato lo scorso anno a Venezia): fermi immagine, piani sequenza, è tutto portato a un livello superiore.
Inoltre, è doveroso citare anche la colonna sonora: curata da Trent Reznor e Atticus Ross, si fonde perfettamente al resto del comparto tecnico, facendo aumentare la suspance e arricchendo i momenti cruciali.
Guadagnino ci regala un thriller che condanna, ma che non giudica, ragionando sulla colpevolezza e soprattutto sulla moralità dei protagonisti.

Presentato fuori concorso all’82esima mostra internazionale del cinema di Venezia, After The Hunt è l’ultima fatica del regista italiano Luca Guadagnino. Alma, professoressa di filosofia, (interpretata da una formidabile Julia Roberts) si trova all’interno di una situazione piuttosto ostile e scomoda: Maggie Price, amica e studentessa di Alma, sceglie di denunciare Hank Ginbson, anch’egli amico e collega della protagonista, per delle molestie accadute dopo un festa tenutasi proprio a casa di Alma.
Ognuno cerca di esporre la propria versione dei fatti, proteggendo la propria integralità e personalità, e coinvolgendo lo spettatore a prendere attiva nella comprensione dei vari punti di vista.
Chi avrà ragione? Come sono andate effettivamente le cose?
Una sceneggiatura ferrea e una magistrale caratterizzazione dei personaggi creano domande apparentemente senza risposta: si ha come la percezione che tutti dicano la verità ma che allo stesso tempo mentano o cerchino di nascondere qualcosa.
L’intreccio della storia è costruito in maniera impeccabile e tutti i profili dei personaggi sono regolati in maniera perfetta. Infatti, non si ha mai la percezione che qualcosa sia fuori posto o messa lì per caso; tutto ha un senso che, man mano che la storia prosegue, diventa più chiaro. O, almeno in parte, è così.
Guadagnino si focalizza sui dettagli, mostrando ciò che vuole, senza mai essere didascalico, senza mai “imboccare” lo spettatore. Quello che, a prima vista, può sembrare solo un frame bello esteticamente, nasconde spesso diverse sfaccettature, di cui non sempre si riesce a coglierne appieno il significato. Il lavoro di Alma, ovvero l’insegnamento della filosofia, non è un semplice dettaglio che caratterizza il personaggio, ma una linea costante e fondamentale di tutto il film: le discussioni che riguardano la materia, infatti, sono molte e ben congegnate, si cerca di seguire con attenzione ciò che i personaggi vogliono esprimere, a volte risultando chiari e concisi, altre volte più metaforici e ampollosi. I tre attori principali (Julia Roberts, Ayo Edebiri e Andrew Garfield) sono assolutamente dentro alla parte, regalando delle perfomance notevoli, specialmente quando interagiscono fra loro.
Altro punto fondamentale è la maestosa regia del regista italiano: pulita, elegante, profonda, sa benissimo dove soffermarsi e come, creando dei movimenti di macchina e delle inquadrature precise e perfette per l’intera durata della pellicola. Sembra come un’evoluzione della cifra stilistica precedentemente mostrata in Queer (presentato lo scorso anno a Venezia): fermi immagine, piani sequenza, è tutto portato a un livello superiore.
Inoltre, è doveroso citare anche la colonna sonora: curata da Trent Reznor e Atticus Ross, si fonde perfettamente al resto del comparto tecnico, facendo aumentare la suspance e arricchendo i momenti cruciali.
Guadagnino ci regala un thriller che condanna, ma che non giudica, ragionando sulla colpevolezza e soprattutto sulla moralità dei protagonisti.


Mi chiamo Gianmatteo Diprima, nella vita faccio tutt’altro e soprattutto non ho mai studiato cinema in maniera specifica. Sono la prova lampante che per parlare di film puoi anche non capirci una mazza, ma basta esserne appassionati ed avere un minimo di senso critico. Odio la retorica, chi non si mette mai in discussione ma soprattutto chi non argomenta le proprie tesi. Adoro i cartoni animati in ogni loro forma e trovo che l’animazione sia il metodo migliore per fare cinema. Miyazaki è il mio regista preferito nonché uno dei registi più importanti e influenti del ventesimo secolo. Discutere un maniera genuina trovo sia la droga migliore di tutte. Peace.

Mi chiamo Gianmatteo Diprima, nella vita faccio tutt’altro e soprattutto non ho mai studiato cinema in maniera specifica. Sono la prova lampante che per parlare di film puoi anche non capirci una mazza, ma basta esserne appassionati ed avere un minimo di senso critico. Odio la retorica, chi non si mette mai in discussione ma soprattutto chi non argomenta le proprie tesi. Adoro i cartoni animati in ogni loro forma e trovo che l’animazione sia il metodo migliore per fare cinema. Miyazaki è il mio regista preferito nonché uno dei registi più importanti e influenti del ventesimo secolo. Discutere un maniera genuina trovo sia la droga migliore di tutte. Peace.


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