Col benestare di Francis Ford Coppola, Mike Figgis filma la genesi di quello che, per chi scrive questo articolo, tentando di moderare l’affermazione per non scadere in quelle che potrebbero essere lette come blande provocazioni, rappresenta una delle opere più visionarie, coraggiose, lucide e anarchiche degli ultimi cinquant’anni di cinema. Megalopolis non significa solo la possibilità di un cinema libero dai vincoli imposti dall’industria delle grandi produzioni, ma è anche manifesto di tutto ciò che – in un modo ideale e quindi del tutto utopistico – l’arte del cinema stesso dovrebbe rappresentare e promuovere: la vera libertà d’espressione.
Certo, per realizzare Megalopolis Coppola ha investito un vero e proprio patrimonio maturato nel corso di una carriera che eufemisticamente parlando può definirsi fortunata, artisticamente ed economicamente; in questo senso quindi l’ultima fatica del padre di Apocalipse Now non rappresenterebbe altro che la proverbiale eccezione che conferma la regola; ma Megalopolis esiste, e forse, in qualche modo, tanto basta.
Mike Figgis con ammirevole rispetto e dedizione si muove silenziosamente fra l’ordinato disordine di un set a immagine e somiglianza del film che giorno per giorno si genera al suo interno, ed è davvero bravissimo nel cogliere l’assoluta eccentricità d’approccio al mestiere che ha reso Coppola, Coppola. Interviste agli attori; litigi sul set (quelli fra Coppola e Shia Lebouf sono talmente assurdi da sembrare recitati); intermezzi durante i quali è lo stesso Figgis a raccontare l’assurdità con la quale ha a che fare ogni giorno; Coppola che dirige – divertendosi – il suo set e il suo set che tenta in ogni modo di dar forma all’immaginazione di un uomo di cinema semplicemente unico nel suo genere. Forse si avverte a tratti una discontinuità documentaristica nell’ordine degli eventi che culmineranno in Megalopolis e si percepisce la limitata disponibilità di mezzi a disposizione di Figgis, ma Megadoc funziona proprio perchè sembra non sapere come fare a contenere la portata e l’imponenza di uno dei progetti cinematografici più anomali di sempre.
Megalopolis è l’essenza di ciò che il termine “capolavoro” dovrebbe significare, Megadoc ci racconta come e perchè.







